«Quando sono nervoso o mi preoccupo eccessivamente, tendo a mangiare di più».
Di sicuro avrai sentito dire queste parole ed è anche possibile che sia stato proprio tu a pronunciarle.
Sono processi che divengono poi circoli viziosi.
Quando siamo agitati, mangiamo di più, di conseguenza, quando il nostro peso aumenta e il nostro corpo cambia, ci sentiamo anche peggio.
Si tratta della “fame ansiosa”, cioè una spinta a mangiare che non è connessa ad uno stato di bisogno fisiologico (avete consumato il vostro normale pasto e lo stomaco non brontola), ma che si sviluppa in risposta ad un’emozione che potrebbe essere la paura, la noia, la rabbia, o stati mentali connessi a situazioni di frustrazione, delusione o al sentirsi sconfitti.
È capitato a tutti di mangiare più del solito in certi momenti o periodi della vita, ma non è tutto. Lo facciamo perché spinti da un’inspiegabile ansia che ci obbliga a spizzicare del cibo spesso calorico, preconfezionato e quindi non salutare. E, ancora, aprire il frigorifero durante la notte, quando invece dovremmo dormire, oppure fermarci in quella pasticceria che vende dolci così invitanti.
Cosa ci spinge a farlo?
Cosa si nasconde dietro la fame ansiosa?
Il cibo forse ci dà quella felicità e ci appaga di ciò che non abbiamo nella vita di tutti i giorni?
Mentre la fame fisiologica è un bisogno concreto del corpo, che quando soddisfatta cessa, comunicando al nostro sistema nervoso una sensazione di sazietà, la “fame emotiva” è più difficile da soddisfare, perché risulta alimentata dalla fonte di natura emotiva che l’ha evocata.
Quando la fame nervosa diviene sostanziale, ovvero non occasionale, e la persona attua più frequentemente “abbuffate” in conseguenza alle quali sperimenta un forte senso di colpa, può prendere la forma di un disturbo da alimentazione incontrollata, tecnicamente detto “binge eating”.